La frattura del piatto tibiale può variare in base alla serietà dell’infortunio, da minime depressioni del piatto tibiale o piccoli distacchi che non richiedono trattamenti chirurgici, a quadri complessi con dislocazione dei frammenti e necessità di osteosintesi chirurgiche.
Spesso viene riferito un grave trauma (incidente automobilistico, caduta da sci) che ha comportato subito un notevole gonfiore al ginocchio. Il quadro clinico è sovrapponibile a quello di una lesione di LCA ma solitamente non c’è instabilità.
Il quadro clinico della frattura del piatto tibiale è solitamente caratterizzato da dolore, gonfiore e limitazioni dell’articolarità.
La prima radiografia potrebbe essere anche negativa per cui con sospetto clinico potrebbe essere necessaria anche una TAC o RMN.
Se non ci sono indicazioni per il trattamento chirurgico, si dovrà rispettare un periodo più o meno lungo di immobilizzazione con tutore ad arto esteso (4-6 settimane) seguito da un percorso riabilitativo di almeno due mesi.
Riabilitazione dopo frattura del piatto tibiale
La frattura del piatto tibiale è un trauma piuttosto frequente e interessa l’area del ginocchio, nella porzione prossimale della tibia.
Come per altri tipi di fratture, a seconda della gravità del trauma e della natura stessa della frattura sono differenti i tempi di interventi da effettuarsi come primo step di un percorso di guarigione comune.
In alcuni casi è sufficiente un periodo di immobilizzazione con tutori, altre volte necessita l’intervento chirurgico di riduzione della frattura.
Terminato il periodo di riposo dopo immobilizzazione si inizia il programma riabilitativo in piscina per ricercare l’articolarità riducendo il carico applicato sull’articolazione.
Parallelamente si può iniziare in palestra un rinforzo muscolare dei muscoli del core, flessori e abduttori d’anca, addominali e un blanda attività del quadricipite.
Recuperata l’elasticità del ginocchio e diminuito il dolore e il gonfiore si può passare al recupero completo della forza con esercizi di rinforzo del quadricipite, flessori, polpaccio dapprima in catena cinetica aperta e successivamente con quella chiusa.
Se non ci sono stati episodi dolorosi e di flogosi si può passare alla fase dinamica con esercitazioni propriocettive e la propedeutica alla corsa.
Raggiunta una buona funzionalità è molto utile concludere il percorso riabilitativo con l’ultima fase del campo per recuperare i movimenti della vita quotidiana e quelli sport specifici.