Tra le fratture del gomito, il capitello radiale risulta interessato nel 20% dei casi.
La frattura del capitello radiale è generalmente causata da traumi indiretti, per caduta sull’arto superiore a mano iperestesa e gomito esteso.
Il dolore acuto può indurre una limitazione dell’articolarità e della forza.
Oltre alle radiografie standard, in alcuni casi possono essere utili proiezioni oblique per la migliore visualizzazione del capitello. La RMN è l’esame più sensibile per fare diagnosi. L’inizio del trattamento riabilitativo è fondamentale, con una mobilizzazione cauta ma precoce, per il rischio, molto frequente, di rigidità.
Le fratture scomposte vengono spesso trattate incruentemente con uno splint per due settimane, seguite da mobilizzazione solo in flesso-estensione. Successivamente, dopo controllo radiografico, viene effettuato il completamento della rieducazione. I risultati sono positivi nel 70% dei casi.
Frattura del capitello radiale – Interventi Chirurgici
Il trattamento della frattura del capitello radiale si diversifica per tipo di frattura.
Le fratture di tipo I sono le più semplici e vengono trattate con una breve immobilizzazione seguita da una cauta e precoce riabilitazione.
In caso di fratture di tipo II è indicato l’intervento chirurgico di riduzione e osteosintesi, nel quale i frammenti vengono ricomposti e uniti con piccole viti.
Nelle fratture del capitello radiale di tipo III viene sempre tentata la riduzione e l’osteosintesi con piccole viti o con l’ausilio di una placca metallica.
La sostituzione protesica invece è particolarmente indicata nel caso della frattura di tipo IV e cioè quando alla frattura si associa anche la lussazione.
Riabilitazione per frattura del capitello radiale
Tra le fratture di gomito, il capitello radiale risulta interessato nel 20% dei casi. La frattura del capitello radiale è generalmente causata da traumi indiretti per la caduta sull’arto superiore a mano iperestesa e gomito esteso, con avambraccio pronato.
La riabilitazione, i tempi di immobilizzazione o intervento e i tempi di recupero variano a seconda della sede e della tipologia di frattura (3 tipi), ma tutte hanno un protocollo terapeutico similare.
Nella prima fase del programma riabilitativo è fondamentale la mobilizzazione cauta ma precoce del gomito, onde evitare l’instaurarsi di rigidità articolari, all’inizio passiva in trazione poi progressivamente attiva attraverso stretching e automobilizzazioni. In questa prima fase si possono utilizzare a scopo antalgico terapie fisiche (laser, ionoforesi) e ghiaccio a bicchierino.
Raggiunta un’ottima mobilità articolare, si può procedere alla seconda fase del protocollo terapeutico incentrata sul recupero della forza di tutta la catena muscolare con esercizi di rinforzo dei prono/supinatori del polso, flesso/estensori dell’avambraccio, bicipite e tricipite, stabilizzatori di spalla con zavorre ed elastici sia in concentrica che in eccentrica.
L’ultima fase della riabilitazione si svolge in campo e ha come obiettivi la ripresa della coordinazione manuale, attraverso esercitazioni di lancio/presa con oggetti (training neuromotorio) e il recupero della gestualità tecnica con esercitazioni per allenare la modalità di caduta e l’ammortizzazione per la prevenzione del re-infortunio.